Dopo che Giulio è stato portato in terapia intensiva, veniamo catapultati in una nuova dimensione: in piedi davanti ad una porta chiusa in attesa che qualcuno ci dica qualcosa; angosciati telefoniamo ai nonni e a qualche amico chiedendo che preghino per lui: non possiamo fare altro. Quando finalmente ci permettono di entrare per vedere il nostro piccolo è ormai sera: Giulio è pieno di fili e tubicini e collegato a diverse macchine che gli permettono di respirare e controllano le sue funzioni vitali, il volto è sereno e sembra che dorma. Ci dicono che dalla radiografia del torace è risultato un polmone collassato, quindi hanno dovuto intubarlo per farlo respirare, inoltre è sedato per evitare le distonie che sono probabilmente la causa del suo stato. Possiamo stare con lui solo poco tempo, poi ci fanno uscire: dovrà passare la notte da solo… è ancora così piccolo... Quella sera viviamo uno stato di smarrimento totale: usciti dalla rianimazione io e Cinzia ci ritroviamo inginocchiati nella cappella dell’ospedale a chiedere “perché?” e sulla pagina del vangelo che trovo aperto davanti all’altare leggo questa frase: “…il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito.” ed è proprio così. Quella notte ci permettono di dormire (anche se non lo definirei così) “accampati” nella stanza del reparto di neuropsichiatria infantile dove si trovava Giulio fino al giorno prima.
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