giovedì 10 aprile 2014

Cuerdas

Mi sono imbattuto ieri in un toccante "corto" di animazione sul tema della disabilità  che, a quanto pare, è molto condiviso sui social network in questi giorni. A mio parere è un piccolo capolavoro, come dimostrano i vari premi che ha ricevuto negli ultimi mesi. Il titolo è "Cuerdas", cioè "Corde" in spagnolo, è stato ideato e diretto da Pedro Solís García, un "disegnatore" 3D, che ha lavorato nel mondo dei videogiochi e che negli ultimi anni si è dedicato ai film di animazione. Il film ha vinto recentemente il premio come miglior cortometraggio di animazione alla manifestazione Premio Goya, il più importante riconoscimento cinematografico spagnolo. Ci tengo ad inserire queste informazioni perché sta girando su Facebook una versione tagliata e senza alcun riferimento all'autore, che lo sminuisce un po' rischiando di confonderlo con molta "spazzatura" che si trova in giro.
Questo è il trailer ufficiale:

CUERDAS trailer from lafiestapc on Vimeo.

Di seguito trovate invece il corto in versione completa su youtube. Due avvertenze:
1. è in spagnolo, non ne esiste al momento, un'altra versione (se riesco lavoro io a dei sottotitoli)
2. ha una qualità video piuttosto scarsa, ed inoltre, secondo me, c'è il rischio che lo tolgano prossimamente perché viola il copyright. Ho cercato di procurarmelo legalmente ma attualmente non è possibile: sul sito ufficiale dicono che stanno cercando il sistema di renderlo disponibile, ma al momento non si può. Peccato perché merita veramente.
MODIFICA (10/4/2014 ore 21:30): il video non è già più disponibile...

Le mie impressioni.

ATTENZIONE SPOILER (cioè, se non l'avete ancora visto non andate avanti a leggere)


Il video è veramente commovente e profondo, non so se sia solo perché l'argomento mi tocca personalmente, ma più di una lacrimuccia mi è scappata. La versione tagliata che avevo visto inizialmente (termina a 7:22) è un po' addolcita, ma perde parte del messaggio.
La prima cosa che mi ha colpito è la capacità con cui l'autore riesce a rendere il personaggio del bambino protagonista: ci sono tantissimi particolari (la direzione dello sguardo, il sorriso leggermente asimmetrico, il passeggino, i piedi, e un sacco di altre cose che non saprei descrivere) che tradiscono una esperienza diretta. Lo so perché la vivo anche io ogni giorno con mio figlio Giulio. Dopo alcune ricerche, ho infatti scoperto che il "modello" del bambino della storia è il figlio del regista, e nemmeno tanto velatamente: nella prima scena, quando la direttrice prende il fascicolo del bambino, c'è scritto chiaramente "Nicolàs Solìs" (si vede bene nel trailer). Anche Maria è probabilmente ispirata alla sorella  di Nicolàs, che l'autore ringrazia come "ispiratrice" di tutto il film. È forse solo una sensazione, ma ieri sera, quando l'ha visto mia figlia Margherita di 3 anni, l'ha identificata immediatamente come "la sorella del bimbo".
Il tema più evidente è quello della speranza: anche di fronte alla enorme disabilità dovuta ad una paralisi cerebrale, Maria, con l'ingenuità dei bambini, si impegna con tutte le sue forze per "guarire" Nicolàs. Ed è in grado di gioire anche di piccolissimi miglioramenti. È questa la capacità che spesso a noi grandi manca. D'altra parte però la trama è scritta da un adulto, che purtroppo sa come finiscono quasi sempre queste storie, e infatti, in un certo senso, finisce male (ecco perché gira la versione tagliata di questo finale). È stato dunque inutile tutto ciò che ha fatto? Alla fine l'unico progresso oggettivo di Nicolàs è stato di dare un piccolissimo calcio ad un pallone (magari nemmeno volontariamente).  Però io la vedo così: questa esperienza è il "seme" che porterà Maria, dopo 20 anni, a diventare una insegnante. È servita anche, e forse soprattutto, a lei.
Nicolàs, invece, vive molto serenamente questa amicizia con Maria, è forse l'unica cosa che traspare dal suo sorriso e dai suoi occhi spesso sfuggenti. Alla fine una chiave di lettura penso che sia la frase (spero di averla capita bene) che dice la maestra all'inizio quando presenta il bambino alla classe: "Fatelo sentire bene per il tempo che sarà con noi".
Mi colpisce molto il fatto che il regista, parlando esplicitamente del figlio, lo faccia morire nel film anche se nella realtà mi sembra che sia vivo: una lucidità che mi lascia senza parole.
L'altro tema, slegato dalla questione della disabilità, è il grande insegnamento sull'educazione, a mio parere rappresentato proprio da quella corda. È lo strumento che Maria usa ogni giorno con lui, che letteralmente "la lega" a lui e che alla fine "si lega" al braccio come segno dell'esperienza fatta. Ci insegna (parlo a noi genitori e agli educatori in generale) che non dobbiamo smettere di educare, anche quando i risultati sembrano non esserci, che dobbiamo esultare insieme quando risultati, anche piccoli, ci sono,  che l'educazione è un legame e funziona, spesso inaspettatamente, anche in direzione opposta: Maria aiuta Nicolàs, ma alla fine è lui che involontariamente segna tutta la sua vita. Questo insegnamento dovrebbe accompagnarci sempre, come una corda legata al polso.
Grazie a Pedro Solìs Garcia per questo messaggio.