Lunedì mattina partiamo io Giulio e il nonno verso Milano (Cinzia resta a casa a riposare, verrà il giorno dopo a trovarci): la febbre è sempre alta. Verso mezzogiorno, vista la situazione, i medici e le infermiere decidono di fare un ultimo tentativo di far mangiare Giulio da solo: se non riuscirà a nutrirsi a sufficienza gli inseriranno nuovamente il sondino naso-gastrico. Giulio mangia un po’, imboccato dalla pazientissima infermiera Sonia, la caposala del reparto, ma fa molta fatica perché le distonie lo disturbano, quindi il sondino è inevitabile. Verso mezzogiorno, dopo un bel bagnetto, Giulio si rilassa e si addormenta e durante il sonno la febbre scompare così come era venuta. La sera, al suo risveglio, viene inserito il sondino: è proprio brutto avere quel tubicino nel naso… se penso che da quel giorno non l’ha più tolto… Forse perché si era già riposato, forse perché non stava bene ma Giulio quella notte piange e si agita e sembra non ci sia niente da fare: solo verso mezzanotte, finalmente si addormenta lasciandomi riposare un po’.
Il mattino dopo sembra un po’ meno teso (forse il farmaco inizia a fare effetto?) ma comunque continua a stare male e a piangere. Verso l’ora di pranzo, disteso nel suo lettino, dopo tante carezze e coccole, Giulio piano piano chiude gli occhi per un meritato riposo. Nel pomeriggio arriva la mamma. I medici ci chiamano per avvertirci che gli ultimi esami del sangue mostrano un livello di CK molto alto e questo può essere pericoloso: sarebbe opportuno inserire un catetere in una vena centrale per idratare il bambino: anche questa! Nel primo pomeriggio era prenotato anche l’ennesimo elettroencefalogramma. La mamma porta Giulio, ancora addormentato, ad effettuare l’esame, la prima parte viene fatta nel sonno, poi è necessario svegliare il bambino e qui veramente per la prima volta tutto ci crolla addosso: Giulio non si sveglia! I medici accorrono, si consultano: Giulio è in uno stato di coma; è necessario ricoverarlo in terapia intensiva: è il 17 aprile.